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La “conquista” del mondo da parte dell’Europa e della sua cultura, per molto tempo ha coinciso con la cristianizzazione forzata. La svalutazione del diverso, proprio perché diverso, ha generato le origini culturali della piaga secolare della schiavitù. Il giornalista e scrittore americano Philip Gourevich, autore del libro sul genocidio del Rwanda intitolato Desideriamo informarla che domani verremo uccisi con le nostre famiglie, in quella stessa opera scrive: “Il potere consiste nella capacità di costringere gli altri ad abitare la tua versione della loro realtà anche quando si tratta di una versione della storia scritta col loro stesso sangue”.
La brutalità con cui gli “occidentali” continuano ancora oggi ad accanirsi contro i popoli nativi dopo averlo fatto per secoli, non deriva da una lotta per il possesso delle risorse economiche, o da una minaccia che i popoli nativi rappresentano per l’egemonia economica e politica dei bianchi: deriva esattamente dal contrario, cioè dal fatto che i popoli nativi sono poveri (e paradossalmente vogliono continuare ad esserlo, in un certo senso). Lo “scandalo” ideologico sta nella loro resistenza culturale, nel loro aver sempre difeso tenacemente la loro visione del mondo invece di abbracciare l’illusorio e ipocrita sogno progressista occidentale, in sostanza nel non aver mai voluto abitare la versione occidentale della loro realtà.
Questa tesi è un lavoro articolato che percorre la storia del rapporto – per lo più degenere da parte europea – con i popoli detti “nativi” di tutte le latitudini. David Monticelli, di origine canadese, ha frequentato a lungo le tribù degli indiani d’America traendone testimonianze inedite.

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