Oggi, in Italia, è sufficiente pagare una tassa per avere il diritto di uccidere gli animali del cielo, del bosco, del fiume. Non solo: quella tassa dà anche il diritto di entrare, armati, nei fondi privati, superando le recinzioni (se non sono a “norma anticaccia” e dotate di appositi cartelli), sino alle aie delle case agricole, senza nemmeno dover chiedere “permesso?”.

La quantità di sofferenza gratuita (non è più il tempo in cui si cacciava per necessità alimentare) provocata dai (circa) 600 mila cacciatori italiani è grande: questo 0,9% di italiani (coccolati per i loro voti da molti partiti, nonché dalle fabbriche di armi) uccide ogni anno più di 300 milioni di animali (avete letto bene: 300 milioni), lasciandone feriti quasi altrettanti. Spargendo nei boschi, nei laghi, 1.750 tonnellate annue di piombo sotto forma di pallini. Per non parlare dei cosiddetti “incidenti di caccia” che, ogni anno, provocano morti e feriti tra gli stessi cacciatori e tra gli escursionisti.
Ecco i motivi di questo scritto e del perché ho firmato (on line, con un costo di registrazione di 1€+IVA) la richiesta del referendum volto a limitare o contenere quello che considero un feroce retaggio del passato.
Chissà che Papa Bergoglio, questa volta, non dica una parola chiara sulla posizione della chiesa riguardo al comandamento “non uccidere”. Significa forse “non uccidere gli umani e, per tuo divertimento, fai pure strage degli altri viventi”?