CERIMONIA DI ASSEGNAZIONE DELLA MEDAGLIA D’ORO DEL CONGRESSO

17 ottobre 2007

Presidente Bush, Signora Laura Bush, Presidente Pelosi, Senatore Byrd, mio collega nel premio Nobel Elie Wiesel, onorevoli membri del Congresso, fratelli e sorelle.

È un grande onore per me ricevere la Medaglia d’Oro del Congresso. Questo riconoscimento porterà grandissima gioia e incoraggiamento alla gente del Tibet verso la quale ho una speciale responsabilità. Il suo benessere è la mia motivazione costante e mi considero sempre il suo libero portavoce. Ritengo che questo premio mandi anche un forte messaggio alle molte persone impegnate a promuovere la pace, la comprensione e l’armonia.

A livello personale, sono profondamente commosso dal fatto che questo grande onore sia stato conferito a me, un monaco buddhista nato da una famiglia semplice proveniente dall’Amdo, una remota regione del Tibet. Da bambino sono cresciuto tra le amorevoli cure di mia madre, una donna davvero compassionevole. E dopo il mio arrivo a Lhasa, all’età di quattro anni, i miei insegnanti e persino le governanti mi insegnarono cosa vuol dire essere gentile, onesto e prendersi cura degli altri. È questo l’ambiente in cui sono cresciuto. Più tardi, la mia educazione formale nel pensiero buddhista mi ha fatto conoscere concetti quali l’interdipendenza e la facoltà umana di sviluppare un’infinita compassione, che mi hanno consentito di riconoscere l’importanza della responsabilità universale, della nonviolenza e della comprensione interreligiosa. Oggi, è la certezza di questi valori la fonte della mia forte motivazione a promuovere i valori umani fondamentali. Anche nella mia lotta per i diritti e per una maggiore libertà del popolo tibetano, questi valori sono alla base del mio impegno sulla via della nonviolenza.

Ho già avuto l’onore di essere in questa sala, quando visitai il vostro paese nel 1991. Molti dei visi che mi accolsero allora li rivedo oggi, cosa che mi dà una grande gioia. Molti sono in pensione e alcuni purtroppo non sono più con noi. Vorrei tuttavia cogliere questa occasione per riconoscere la loro gentilezza e il loro apporto. I nostri amici americani ci sono stati accanto nei momenti più critici e di intensa pressione.

Signor Presidente, la ringrazio per il suo forte sostegno e per la calorosa amicizia che lei e la Signora Bush mi avete personalmente dimostrato. Le sono profondamente grato per la simpatia e il sostegno verso il Tibet e per la sua ferma posizione sul tema della libertà religiosa e sulla causa della democrazia.

Presidente Pelosi, lei non ha soltanto offerto un costante sostegno a me e alla giusta causa del popolo tibetano, ma ha anche lavorato duramente per promuovere la causa della democrazia, della libertà e del rispetto dei diritti umani in altre parti del mondo. Per questo vorrei porgerle un mio speciale ringraziamento.

La fermezza del sostegno americano al Tibet non è sfuggita alla Cina. Se ciò ha causato qualche tensione nelle relazioni USA-Cina, provo un senso di rammarico. Oggi, desidero condividere con tutti voi la mia sincera speranza che il futuro del Tibet e della Cina si evolverà, superata la diffidenza, nella direzione di un rapporto basato sul reciproco rispetto, la fiducia e il riconoscimento di interessi comuni.

Oggi vediamo che la Cina sta progredendo rapidamente. La liberalizzazione economica ha prodotto ricchezza, modernizzazione e grande potere. Credo che l’attuale successo economico dell’India e della Cina, le due nazioni più popolose, con una lunga storia e una ricca cultura, sia ampiamente meritato. In questa loro nuova condizione, entrambi i paesi sono candidati a svolgere un importante ruolo guida sul palcoscenico mondiale. Per poter svolgere questo ruolo in modo adeguato, ritengo siano vitali per la Cina la trasparenza, la garanzia della legge e la libertà di informazione. Gran parte del mondo è in attesa di vedere come saranno messi in pratica i concetti cinesi di “società armoniosa” e “crescita pacifica”. Essendo la Cina di oggi uno stato che comprende molte etnie, sarà importante vedere come riuscirà a garantire l’armonia e l’unità di queste diverse popolazioni. A tal fine è cruciale assicurare l’uguaglianza e il diritto di ogni etnia a mantenere la propria distinta identità.

Per quanto riguarda la mia patria, il Tibet, oggi molta gente, sia dentro sia fuori il paese, è fortemente preoccupata delle conseguenze del rapido cambiamento in atto. Ogni anno la popolazione cinese all’interno del Tibet aumenta a una velocità allarmante. E, se dobbiamo giudicare dall’esempio che ci viene dalla popolazione di Lhasa, c’è il reale pericolo che i Tibetani si riducano a un’insignificante minoranza nella loro stessa patria. Questo rapido aumento della popolazione costituisce inoltre una seria minaccia per il fragile equilibrio ambientale del Tibet. Essendo la sorgente di molti dei grandi fiumi dell’Asia, ogni significativa alterazione dell’ecologia del Tibet si ripercuoterà sulla vita di centinaia di milioni di persone. Inoltre, essendo il Tibet situato tra India e Cina, la pacifica risoluzione del problema tibetano è di grande importanza per una pace duratura e un rapporto di amicizia tra questi due grandi vicini.

Per quanto riguarda il futuro del Tibet, mi sia dato cogliere questa occasione per affermare categoricamente che non sto chiedendo l’indipendenza. Sto chiedendo una significativa autonomia per il popolo tibetano nell’ambito della Repubblica Popolare Cinese. Se la reale preoccupazione della dirigenza cinese è l’unità e la stabilità della Cina, ho pienamente recepito la loro preoccupazione. Ho scelto di adottare questa posizione perché credo, alla luce degli ovvi benefici, specialmente per quanto riguarda lo sviluppo economico, che essa sia quella più vantaggiosa per il popolo tibetano. Non ho inoltre intenzione di usare qualsiasi eventuale accordo sull’autonomia come gradino verso l’indipendenza del Tibet.

Ho comunicato questi miei pensieri ai capi cinesi che si sono succeduti. In particolare, essendosi ristabilito un contatto diretto con il governo cinese nel 2002, li ho esposti in dettaglio attraverso i miei inviati. Ciononostante, Pechino continua ad asserire che la mia “agenda nascosta” è la separazione e la restaurazione del vecchio sistema socio-politico del Tibet. Una simile teoria è infondata e falsa.

Fin da giovane, da quando fui costretto ad assumere la piena responsabilità del governo, cominciai a introdurre in Tibet alcuni fondamentali cambiamenti. Sfortunatamente essi furono interrotti dagli sconvolgimenti politici che ebbero luogo. Nondimeno, poco dopo il nostro arrivo in India come rifugiati, abbiamo democratizzato il nostro sistema politico e adottato una costituzione democratica che stabilisce linee guida per la nostra amministrazione in esilio.
Anche la nostra dirigenza politica è ora direttamente eletta dal popolo sulla base di un mandato di cinque anni. Siamo stati inoltre in grado di preservare e di praticare nell’esilio molti aspetti importanti della nostra cultura e spiritualità. Ciò si deve in larga misura alla gentilezza dell’India e del suo popolo.

Un’altra grave preoccupazione del governo cinese è la sua mancanza di legittimità in Tibet. Non si può riscrivere la storia, ma una soluzione accettabile da entrambe le parti potrebbe legittimare la posizione della Cina e io sono pronto a usare la mia posizione e la mia influenza sui tibetani per ottenere il loro consenso su questo punto. Vorrei inoltre ribadire in questa sede che non ho un’agenda nascosta. La mia decisione di non accettare alcuna carica politica in un Tibet futuro è definitiva.

Le autorità cinesi affermano che io coltivo ostilità verso la Cina e che cerco attivamente di minare il suo benessere. Ciò è totalmente falso. Ho sempre incoraggiato i leader mondiali a impegnarsi con la Cina. Ho sostenuto l’ingresso della Cina nel WTO e l’assegnazione delle Olimpiadi estive a Pechino. Ho scelto di fare così con la speranza che la Cina sarebbe diventata un paese più aperto, tollerante e responsabile.

Un grave ostacolo al dialogo in corso è costituito dalla conflittualità dei punti di vista circa l’attuale situazione all’interno del Tibet. Per poter arrivare ad una comune visione della realtà, i miei inviati, nel loro sesto incontro con le controparti cinesi, hanno proposto che ci sia data la possibilità di inviare in loco gruppi di studio per verificare la reale situazione, con lo spirito di “trovare la verità dai fatti”. Ciò potrebbe aiutare entrambe le parti a superare le reciproche polemiche.

È arrivato il momento che il dialogo da noi intrapreso con la dirigenza cinese conduca con successo alla realizzazione di una significativa autonomia per il Tibet, come garantito dalla costituzione cinese e precisato più in dettaglio dal “Libro Bianco sull’Autonomia Etnico-Regionale del Tibet” pubblicato dal Consiglio di Stato cinese. Mi sia dato cogliere questa occasione per chiedere una volta ancora alla dirigenza cinese di riconoscere i gravi problemi esistenti in Tibet, le giuste rivendicazioni e il profondo risentimento del popolo tibetano all’interno del paese, e di avere il coraggio e la saggezza di affrontare questi problemi realisticamente, in uno spirito di riconciliazione. E chiedo a voi, miei amici americani, di compiere ogni sforzo per trovare il modo di convincere la dirigenza cinese della mia sincerità e di aiutare la prosecuzione del nostro processo di dialogo.

Poiché avete riconosciuto i miei sforzi nel promuovere la pace, la comprensione e la nonviolenza, mi piacerebbe condividere rispettosamente alcuni pensieri legati a questi temi. Credo che questo sia proprio il momento in cui gli Stati Uniti devono dare il massimo sostegno ad ogni iniziativa che aiuti a portare più pace, comprensione e armonia tra popoli e culture. Da campioni di democrazia e libertà, dovete continuare ad assicurare il successo di quei tentativi che mirano a salvaguardare i fondamentali diritti umani nel mondo.

Un altro campo in cui abbiamo bisogno della guida degli Stati Uniti è l’ambiente. Come tutti sappiamo, oggi la temperatura della terra è fuor di dubbio aumentata e molti scienziati ci dicono che il nostro comportamento ne è in gran parte responsabile. Di conseguenza, ciascuno di noi deve, in qualunque modo possibile, usare il proprio ingegno e le proprie risorse per fare la differenza, così che si possa lasciare alle future generazioni un pianeta dove la vita sia ancora possibile.

In ultima analisi, molti dei problemi mondiali hanno le loro radici nell’ineguaglianza e nell’ingiustizia a livello economico, politico e sociale. Fondamentalmente, è in gioco il benessere di tutti noi. Che si tratti della sofferenza della povertà in una parte del mondo, oppure della negazione della libertà e dei fondamentali diritti umani in un’altra, non dovremmo mai percepire tali situazioni come vicende totalmente isolate. Le loro ripercussioni saranno avvertite ovunque.

Vorrei appellarmi a voi affinché assumiate un ruolo guida nella conduzione di un’azione internazionale efficace che sappia affrontare questi temi, compreso quello dell’immenso squilibrio economico. Credo sia giunto il tempo di affrontare i problemi del mondo partendo dalla prospettiva dell’unità del genere umano e da una profonda comprensione dell’interconnessione di questo nostro mondo odierno.

In conclusione, a nome di sei milioni di tibetani, desidero cogliere questa occasione per riconoscere dal più profondo del mio cuore il sostegno offertoci dal popolo americano e dal suo governo. Il vostro costante sostegno è importante. Vi ringrazio ancora una volta per il grande onore che mi avete concesso oggi.

Grazie.

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