Le fonti inglesi di questa traduzione sono: Master Dogen’s Shobogenzo, tradotto da Gudo Nishijima & Chodo Cross, Windbell Publications, 1994 (NC). Moon in a dewdrop. Writings of Zen Master Dogen, edited by Kazuaki Tanahashi, North Point Press, Farrar, Straus and Groux, New York 1985 (T). Abbiamo anche consultato una traduzione commentata da Dharmavidya David Brazier for Amida Trust e una traduzione spagnola di Francisco Josè Ramos.

UJI
L’essere tempo

C: Quello che capisco è che non esiste altro tempo che il presente. La memoria è un trucco della boria Y: non necessariamente boria: alla sua base ci può essere asetticità o addirittura disistima
C: ..dell’io che, a posteriori, fornisce coerenza a esperienze originariamente discordi. La mia immagine di me stesso si basa su una selezione mirata di memorie coerenti che costruiscono un’ immagine di me stesso coerente. Questo movimento psicologico presta all’io una solidità che esso non possiede. Tempo e presente sono la stessa cosa. Siccome il presente è esistenza, essere, dharma, il tempo diventa..
Y: non è meglio “è”?
C: … tutto questo, Buddha e il temibile guardiano del tempio.
C: Il problema che trovo nella traduzione è che per Dōgen tempo e vita sono anche eternità e essere. Dōgen usa (o per lo meno i suoi traduttori usano) la stessa parola per indicare entrambe. Se dico tempo-essere, sembra che questo non abbia a che fare con la vita di tutti i giorni, se dico tempo-vita, sembra che non abbia a che fare con l’eternità. Forse perché per lui, o fortuna!, sono davvero la stessa cosa.
Y: Alcune considerazioni: non conviene in ogni caso pensare che non esista altro tempo che il presente. E’ contro il gioco che propone quel furbacchione di Dōgen. Prendendo in considerazione il presente appare evidente che, stante che le parole abbiano un significato, è l’unico tempo di cui si possa affermare l’esistere: avviene con l’esistere, è l’esistere. Ciò significa che, parlando in termini più concettuali, anche l’eternità (se esiste, per esistere) non può che essere qui con noi, ovvero essere presente. Perciò i dinosauri, la creazione, la fine del mondo
– C: anche le montagne e gli oceani, le sopracciglia e l’ occhiolino di Buddha?
Y: ecc. è tutto qui a fianco a noi in questo unico tempo che tutto contiene, o tutto è. Tuttavia, e qui vediamo perché ogni verità non merita mai che la si prenda sul serio o per garantita, se consideriamo il presente come quella parte di tempo che non è né passato né futuro, in un attimo ci sfugge dalle mani: quanto tempo c’è, in termini di durata, tra il passato e il futuro? Il presente scompare per cui non ha esistenza neppure lui, trascinandosi appresso eternità, dinosauri, vita ecc. ecc. Quel che mi appare è che Dōgen non vuole arrivare a dire qualche cosa che poi diventi una visuale o una convinzione (una verità). Ci porta a spasso invitandoci a mantenere la posizione di zazen parlando di cose alle quali siamo abituati a dare una sistemazione definitiva, ci invita a non aderire, anche al non aderire. Il tutto ragionando, vedendo, capendo… Il suo gioco è libertà.

1

Un antico buddha (1) disse:
A volte (2) ben ritto sulla vetta della montagna più alta
A volte camminando negli abissi del più profondo oceano
A volte con tre teste e otto braccia (3)
A volte con un corpo di sedici o di otto piedi (4)
A volte un bastone o uno scacciamosche (5)
A volte una colonna o una lanterna (6)
A volte i figli di Pinco e Pallino (7)
A volte la terra e lo spazio
Questa espressione, essere tempo, vuol dire che l’essere è tempo vivo e tutta l’esistenza è tempo. Il corpo d’oro di sedici piedi è tempo. Proprio perché è tempo, possiede la splendente lucentezza del tempo. Dovremmo imparare a capire che è come le dodici ore (8) di oggi. Il tre-teste-e-dodici-braccia è il tempo; perché il tempo non è altro che le dodici ore di oggi. (9)

Note:
1) Yakusan Igen, 750-834 (?)
2) Y: dovremmo riuscire a usare un’espressione anche diversa da quella di Dōgen ma che renda l’idea in modo più attinente. Il senso è identico a Genjōkōan però in quel caso cercava di evidenziare il senso di presente in quanto “proprio questo istante”. Invece con uji è il tentativo di dire tutto il tempo, cioè l’eterno presente in modo vivido, pulsante come una bella signorina su una spiaggia, una rana su una foglia, le nuvole in cielo… la cima di una montagna ecc. Per questo i verbi (ritto, camminando ecc.) dovrebbero far vibrare il tempo eterno in quanto vita.
3) Si riferisce alle immagini di alcuni dei guardiani buddisti, per esempio Aizenmyo-o il re dell’Amore (in sanscrito Rāgarāja) che è raffigurato con tre teste furiose e sei braccia.
4) L’immagine del Buddha in piedi.
5) Bastone e scacciamosche hanno un ruolo in cerimonie religiose.
6) Oggetti visibili in un tempio buddista in Giappone e Cina
7) Figli di nessuno
8)  Ai tempi di Dōgen, il giorno era diviso in dodici periodi.
9) Y: Questi esempi cercano di esemplificare tutto il fenomeno, addirittura sfiorando il noumeno: anche il buddha -sia inteso come statua sia nell’altro senso- anche la vita quotidiana, il trantran, anche lo spirito misterioso/la statua dello spirito misterioso a protezione del tempio, tutto insomma, non è ciò che sembra, è tempo/vita, un’unica “materia/forma” cangiante nel sempre ora.

Parte II

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