Alla Comunità Stella del Mattino riunita a Galgagnano – 8 dicembre 2008

Grazie a voi che siete qui e grazie a chi non c’è ma ha espresso il segno della sua presenza con una lettera, una telefonata, un pensiero. La riunione comunitaria di quest’anno è un’occasione perché ognuno possa esprimere il senso del suo rapporto con la comunità, del suo farne parte e del modo in cui essa influenza la sua vita, di ciò che rappresenta nel suo presente e spera possa rappresentare nel suo futuro. Chiedo ad ognuno di voi di esprimersi, secondo il suo carattere e in sincerità: esprimersi è un mezzo per chiarire se stessi a se stessi, prima che per spiegare agli altri il proprio punto di vista e la propria posizione.
La comunità che componiamo, ciascuno a titolo personale e con diverse modalità di partecipazione, ha una storia, non breve e non lunga: oggi la descrivo come una comunità di persone sulla Via di Buddha, riunite in un luogo che ci accoglie e ci permette di ritrovarci ad essere quello che siamo.
Due coordinate, il cammino e il luogo: una via che prende forma in un luogo, un luogo per la via. In senso generale il luogo del cammino di ciascuno, come persona della comunità della Via di Buddha, è ovunque quella persona si trovi – il qui della persona della Via è ovunque, il suo ora è sempre. Il luogo della Via non è legato o limitato a un luogo particolare: non c’è un tempio esclusivo per la realizzazione della Via. Questo perché ogni luogo è luogo possibile della Via (il centro non si allontana da qui) e dunque può esserlo anche un luogo particolare come una sede comunitaria.
La nostra legittimazione come luogo della Via non ha senso tautologico ed esclusivo (la Via è possibile in un luogo preposto, noi costruiamo e prendiamo rifugio in quell’apposito luogo) ma prende senso dal fatto che, essendo il luogo possibile della Via ovunque, può essere anche qui, in un luogo dedicato a realizzare proprio questa possibilità.
Ciò che fa proprio di questo luogo un luogo della Via è la nostra intenzione, il fatto che siamo qui per questo. L’intento comune è ciò che ci accomuna. Non siamo qui per amicizia, per perseguire scopi sociali, per imparare un’arte, per approfondire delle conoscenze … Siamo qui per permettere a noi stessi e ad altri di seguire la Via indicata da Buddha.
Gli elementi costitutivi della realizzazione di questa comune intenzione sono lo studio, la pratica, la verifica di cosa significhi seguire la Via indicata da Buddha, qui, oggi, in questo paese, in questo tempo, in questa società e cultura. Perciò la nostra fisionomia è mobile e si rinnova. Ma non è di questo che oggi parliamo. Oggi voglio riflettere su cosa vuol dire essere partecipi di questa particolare comunità, Stella del Mattino, che si ritrova in questo luogo particolare, la casa di Galgagnano.
Essere partecipi ha tante diverse forme, a seconda del metro di misura che usiamo per valutare. Se usiamo il metro quantitativo del tempo, c’è chi è qui residente a tempo pieno, chi lo è a tempo parziale, chi ha una frequenza continuativa, chi saltuaria, chi occasionale.
Il residente a tempo pieno è dunque più partecipe del frequentatore saltuario, che viene solo quando gli avanza del tempo? Stando al metro quantitativo del tempo, certamente sì. Ma sappiamo anche che la quantità del tempo non garantisce la qualità della presenza. Si può trascorrere tanto tempo in un ambiente che non si ama, che ci è indifferente, che non sentiamo mai nostro, che trattiamo male. Mentre si può frequentare raramente un posto, ma avere con esso un rapporto intenso e profondo. E si può addirittura non andarci mai o quasi mai in un posto, eppure dedicargli una parte consistente della propria vita, come fanno le persone che, stando altrove, permettono a ciascuno di noi di trascorrere qui il proprio tempo, lungo o breve che sia. Il nostro essere qui, la sua qualità, il valore che le diamo è il valore che diamo anche alla vita di quelle persone.
Credo che il comune denominatore della nostra partecipazione alla Comunità, di ciascuno di noi sia la qualità dell’offerta del proprio tempo. Ho detto prima che ci accomuna un intento comune. Non sto parlando di un’intenzione ideale, del riferimento a un pensiero comune. L’intento comune è il tendere comune, l’andare verso insieme: nella Via che seguiamo l’andare verso si realizza nei passi, ogni passo realizza la Via che orienta il mio passo: questa è la pratica che avvera la realizzazione della pratica. Noi non andiamo verso una meta: noi trasformiamo la meta in cammino. E siccome la trasformazione è perenne, il cammino non sosta e non si ripete.
La forma comune che questo modo di procedere implica è il riversare se stessi nella vita insieme. Ognuno è diverso, diversa è la parte di ognuno: comune è l’offerta. Una delle espressioni più semplici, chiare e vivaci di questa evidenza è per me un breve brano dei Vangeli di Marco e di Luca, che, mescolando i due testi, racconta così: “E sedutosi di fronte al tesoro, osservava come la folla gettava monete nel tesoro. E tanti ricchi ne gettavano molte. Ma venuta una povera vedova vi gettò due spiccioli. Allora, chiamati a sé i discepoli, disse: “In verità vi dico: questa vedova, povera, ha messo più di tutti. Tutti costoro, infatti, han deposto come offerta del loro superfluo, essa invece, nella sua povertà, vi ha messo tutto quello che aveva, tutto quanto aveva per vivere” (Mc 12,41-44; Lc 21,1-4).
Tutti noi gettiamo monete nel tesoro: il tesoro è la vita e le monete sono il nostro modo di viverla, gli istanti del nostro tempo. Qui non ci sono i poveri e i ricchi: siamo poveri tutti, perché tutti dobbiamo dar tutto: non c’è resto alla fine dei conti. Quando ogni passo diventa la meta, siamo sempre in arrivo, non si può che dar tutto, tutto quanto abbiamo per vivere: ciò che ora teniamo da parte è perduto per sempre.
La meta si trasforma in cammino: non arriveremo mai, ogni passo è quel passo e ne suscita un altro. Quando ogni passo diventa quel passo, verifichiamo l’insufficienza e il successo, l’errore e l’esatto, la distanza e la vicinanza. Allora il passo successivo non sarà senza passato né senza futuro.
La comunità è il contenitore in cui si riversa questo intento comune. Può avere le forme più disparate, come insegna la storia, persino la piccola nostra. Ora noi siamo abituati a questo luogo, a questa accoglienza, a questa ricezione. Non è sempre stato così, non sarà così per sempre. Valuteremo insieme quale forma sia possibile, opportuno, auspicabile assumere. Ciò che importa è quell’intento comune, il non dare soltanto il superfluo, la libertà dal resto.
Camminiamo da soli ed insieme, sosteniamo gli altri nel dare tutti noi stessi. Sappiamo, ciascuno, come il gettare tutto se stesso nel fare zazen sia di aiuto a chi siede con noi, anche se non ci parliamo, non ci incitiamo, non ci guardiamo neppure. Sappiamo come uno zazen disattento e svogliato affatichi noi stessi e ogni altro. Questo vale per ogni attività della nostra vita in comune. Abbiamo bisogno gli uni degli altri come di noi stessi, quando manca l’intento comune dell’altro, manca qualcosa dentro e fuori di me.
Non è difficile, perché dà energia, fiducia, allegria, non è facile, perché non sosta, non esaurisce, non esaudisce. Siamo fragili, erronei, insicuri. Ma non dobbiamo pensare di aver cominciato noi, di cominciare oggi. La Via che noi ora camminiamo per la prima volta, da soli, è fatta anche dei passi infiniti di chi ha camminato prima di noi. Lo possiamo sentire, il suono di quei passi, ci accompagna e ci guida come una musica. Possiamo ascoltarla nelle tante sue forme, negli scritti, nei sutra, nei racconti, nei riti, nei precetti, nei voti. Possiamo accostarci alle forme che ci sono di aiuto, sapendo che sono sempre provvisorie e vuote, ma proprio per questo sempre presenti e nuove.
L’importante è che non ristagniamo nell’abitudine che addormenta lo spirito. Lo spirito vive di rischio, di novità, di aria fresca. Invito ciascuno a riflettere su nuovi modi di partecipazione, più intensi, più coinvolgenti, più compromettenti. Io da parte mia offro quello che ho da offrire. Continuando a svolgere il ruolo di direttore responsabile di questa sede comunitaria, intendo dare un contributo migliore allo studio del buddismo e di Dogen in particolare. Inoltre, mentre finora non ritenevo giunto il tempo per certi passi collettivamente comunitari, come la ricerca di fondi per l’acquisto di questa o di un’altra sede, o l’iter per il riconoscimento come monastero buddhista della tradizione Zen Soto, ora penso che il tempo è maturo, e mi attivo per questo. Altrettanto, mentre non ritenevo giunto il tempo per certi passi individualmente comunitari, come la possibilità di ricevere i precetti e l’ordinazione, ora credo che il tempo sia adatto, per considerare anche questo modo di partecipazione, da verificare personalmente con chi sente questi richiami.
Questo è quanto ho ora da dirvi.
Grazie per la vostra attenzione, per la vostra compagnia, per il vostro sostegno.

Jiso Giuseppe Forzani

(Alla Comunità Stella del Mattino riunita a Galgagnano l’8 dicembre 2008)

Fano, 5 Dicembre 2008

Cari tutti.
Anche per me il rapporto con la Comunità di Galgagnano è importante; da un lato quel rapporto contribuisce ad essere parte della vita della Comunità, dall’altro compone la mia, di vita. Per cui, secondo il filtro proposto da Jiso nella lettera che annunciava questa riunione, mi riconosco tra gli invitati.
Anche se non ci sono ora e neppure ci sono spesso. Eccomi allora solo per lettera.
Un’opinione che da tempo medito e rivedo è che il buddismo moderno (comprendendo in questo soprattutto il senso più vivace di mahayana) è un buddismo laico, nel senso di diffuso tra le persone nel mondo, solo eccezionalmente incarnato da persone separate a vita dalla società. Proprio per questo occorre che vi sia un posto (due, tre…) come Galgagnano. Un luogo contenitore a tempo dove si possa applicare, mettere in pratica in modo dedicato, assorbito, direi quasi esagerato, ciò che ciascuno di noi pensa sia il senso della propria vita secondo il buddismo.
So molto bene come sia facile –forse addirittura inevitabile- ingannarsi a fondo vivendo nel mondo senza provare ad applicare a tutta la giornata, tutti i giorni quello che con leggerezza pensiamo sia l’insegnamento del Buddha. I limiti della vita nella società sono soggettivi (dipendono cioè dalle nostre scelte) ma anche oggettivi, nel rumore dei sensi, nelle angosce della sopravvivenza, nelle distrazioni che appositamente ci lanciano quelli che vogliono prima la nostra attenzione e, in definitiva, il nostro denaro.
Declinare la propria vita secondo una cadenza interiore che non recede, si rigenera, riconosce serenamente il continuo sbagliare e vuol migliorare non è né facile né difficile. Banalizzando un poco si può paragonare all’andare in bicicletta, possibile per chi sappia come, quasi impossibile per chi non lo sappia. Certo nella sua forma standard non c’è una giornata zen, o buddista, neppure in una comunità residenziale e men che meno vi è una forma definita per poter vivere da buddisti nel mondo. Ma penso che luoghi come Galgagnano vadano protetti, difesi, partecipati come si partecipa (con l’interesse, il voto, le tasse) a far sì che vi siano gli autobus, l’ospedale, le scuole, i servizi indispensabili. Un luogo (due tre) in cui si impara a scolpire la propria giornata sbagliando sempre (non solo perché sbagliamo ma perché anche il luogo, in qualche misura, è sempre “sbagliato”) ma non accontentandosi mai: tutto questo ha un senso di indispensabilità per chi a quell’indispensabilità partecipa, e lo ha per altri (vorrei dire tutti) che ne traggono beneficio pur non sapendolo.
Un saluto

Mauricio Yushin Marassi

Galgagnano, 15 settembre 2008

Cari amici,

Dopo l’accoglienza praticata nella prima metà del mese di agosto che ha favorito nuovi incontri e restituito alla cascina di Galgagnano la sua vocazione socializzante, la comunità ha preso una pausa che è servita anche ad elaborare i nuovi programmi dal prossimo ottobre a luglio 2009.
Siamo riusciti a mantenere costante l’appuntamento con il ritiro mensile di 5 giorni in corrispondenza del primo fine settimana di ogni mese,ad esclusione di gennaio 2009. Se da un lato ci pare importante sedere insieme sin dall’inizio ci rendiamo conto per molti è difficile concedersi un tale spazio; sarà dunque possibile unirsi durante il ritiro stesso avendo cura di comunicare per tempo il proprio arrivo.
L’esperienza degli incontri di studio svoltasi lo scorso anno nell’arco del fine settimana è stata nel complesso positiva ed è in fase di preparazione il contenuto dei nuovi appuntamenti le cui date sono state già fissate da gennaio a giugno del prossimo anno. In queste occasioni l’approfondimento culturale rimane il fulcro degli incontri, inseriti nello stile di vita della comunità. Per chi partecipa in forma residenziale è possibile arrivare fin dal venerdì sera. E’ comunque nostra intenzione dare la massima visibilità agli interventi dei relatori per cui favoriremo ogni forma di partecipazione.
Sempre più spesso ci troviamo di fronte a richieste di approccio alla comunità da parte di persone desiderose di orientarsi nel labirinto delle “pratiche meditative”. Fra la proposta di un ritiro radicalmente devoluto allo zazen e il prender parte al “quotidiano”della vita comunitaria, spesso sovvertito da eventi contingenti, ci pare di poter offrire un’ulteriore opportunità: fine settimana organizzati sulla base del programma consolidatosi nei periodi di accoglienza estivi. Un’alternanza di zazen, lavoro e studio, inclusa la possibilità di colloqui individuali. Sperimenteremo questi che abbiamo definito “Incontri mensili” nei prossimi mesi di ottobre, novembre e dicembre, riproponendoli eventualmente nei mesi successivi.
Resta inteso che è sempre possibile frequentare la comunità anche al di fuori delle iniziative programmate, sia per trascorrere periodi di residenza, sia per partecipare per una o più giornate così come per unirsi allo zazen mattutino e/o serale.

Qui trovate il calendario descritto sopra.

Negli ultimi anni la Casa di Galgagnano si è popolata di amici e praticanti durante i giorni di fine anno. Mai come in questo caso il senso del riunirsi scaturisce da un moto di simpatia che da qui possiamo solo incoraggiare. Fateci sapere molto liberamente se vi viene voglia di “ritirarvi” per Capodanno!

One Response to “Ultime notizie”

  1. OP Says:

    La mia vita in Parigi è piena di Poesia. E la poesia è piena di sofferenza e di gioia insieme, piena di trascendenza.

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