Mer, 8 Dic 2010
Porgiamo all’attenzione del dotto pubblico un articolo (La Repubblica, 4 dic. 2010, p. 18) a firma Benedetta Tobagi che ci pare interessante. Ma non interessante e basta. Il desiderio, sino a prova contraria, in tutte le culture orientali (induista, buddista, jaina, confuciana, daoista) è considerato molto vicino a ciò che noi consideriamo “peccato”, non tanto nel suo sorgere perché -si sa- siamo tutti di carne, ma nel suo svilupparsi davanti ai nostri occhi (quelli della coscienza intendo), prendere forma, identificare la preda, congeniare tutti i sotterfugi affinché la cattura possa avvenire
e … poi ancora e ancora, senza fine. Senza limite di quantità, di tempo, niente.
Secondo quelle culture, religioni nulla è più vicino ad essere la causa prima di tutti i nostri guai di quanto lo sia nutrire e lasciar sviluppare il desiderio. Nell’articolo invece, con aria di nulla, in modo convincente, circostanziato si sostiene che solo il desiderio può salvare questa Italia sospesa nel vuoto, pietrificata nel cinismo, esausta, smarrita, sfibrata. Il desiderio come nuovo umanesimo italiano? Possibile? Non vi è nulla di meglio da proporre?
“Rilanciare il desiderio”: non è la ricetta di un manuale per coppie in crisi, ma l’invito conclusivo della serissima relazione del Censis, fotografia di un’ Italia che ha retto ai colpi della crisi economica, ma appare esausta, smarrita, sfibrata. Contro “il deserto che cresce” dentro e fuori dagli italiani,