Lun, 17 Mar 2025
Erano i primi anni settanta e il dojo di Torino aveva già una fisionomia e, un poco, di fama. Mario veniva saltuariamente al dojo, da Biella, all’epoca città pochissimo servita dai mezzi pubblici, un ragazzone gentile, delicato e buono, in un’epoca in cui pareva che lo zen dovesse essere aggressivo …
Divenuto discepolo di Viallet, nel 1978 partecipò al primo viaggio in Giappone con tre praticanti del dojo di Torino e di quello di Viganego, la nuova realtà appena nata sulle montagne di Genova. Fu così tra i primi italiani ad incontrare Uchiyama Kosho roshi e a visitare il nuovo monastero di Antaiji, quello fondato da Watanabe roshi. L’esperienza ad Antaiji gli cambiò la vita. Tornato in Italia, in una valle del biellese, valle Cervo, ristrutturò due baite e scelse un luogo adatto, località Piaro, per costruirne una terza interamente in pietra, con le sue sole mani. Finito il lavoro preparò il terreno circostante e aiutato da Elena, sua moglie, iniziò una coltivazione biologica di mirtilli. Ha continuato a praticare e studiare lo zen fino ai suoi ultimi giorni. Il kyosaku del dojo di Torino, suo dono, è stato fabbricato da lui.
Mario era una persona forte e generosa e ci ha lasciati.




Tuttavia, lo Zen di Dogen Zenji non è così ma, piuttosto, che la pratica stessa è illuminazione […] Inoltre, finché siamo vivi, i pensieri vanno e vengono, entrano ed escono dalla nostra mente. Durante lo zazen i pensieri verranno naturalmente anche se non li costruirete appositamente, tuttavia non dovreste sforzarvi di eliminarli bensì lasciare che lo zazen faccia il lavoro per voi”. 


Subito dopo mettemmo on line, in e-book, oltre alla
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