Dom, 13 Gen 2008
Oggi in Giappone, nella quasi totalità dei casi (1), gli appartenenti al Soto Zen, ben lungi dall’essere “monaci zen” dediti allo zazen, al lavoro manuale ed allo studio, sono preti ordinati ancora bambini dal padre da cui hanno poi ereditato la conduzione del tempio di famiglia.
Tempio nel quale l’attività principale, per non dire l’unica, consiste nella celebrazione, a pagamento, di funerali o cerimonie di commemorazione dei defunti.
Questo sistema si perpetua da molte generazioni grazie ai senmon sodo, centri di educazione del clero, in cui si svolgono le ango (2), periodi di tre mesi ciascuno dedicati all’educazione intensiva alle cerimonie e alla minuziosa etichetta di origine confuciana che governa la vita dei templi. Ogni prete deve trascorrere almeno tre mesi in un senmon sodo per ottenere la “patente”, detta kyoshi in giapponese, che gli permette di esercitare legalmente il mestiere. In base alla quantità di tempo trascorsa in quei luoghi ed ai ruoli ivi ricoperti si articola una gerarchia clericale complicatissima che ordina la piramide del clero.









