Riceviamo dall’amico dhr una scheda -questa volta non propriamente benevola- a proposito di un libro inusuale. L’argomento, secondo dhr, è addirittura superiore a qualsiasi altro. Gli crediamo. Grazie al cielo (al Cielo?) la prassi di vivere, anche laddove è un “semplice” fatto naturale è al di sotto, al disopra, di lato a qualsiasi libro e qualsiasi argomento.

L’argomento più importante del mondo

Pietro Schiavone ha appena pubblicato un libro sull’argomento più importante che possa esistere. Più importante della morale, della meditazione, della Bibbia o dei Sutra, delle quattro Nobili Verità o addirittura di Dio. Il titolo è Il discernimento. Teoria e prassi (ed. Paoline). Sì, perché SENZA discernimento ognuna delle cose che possiamo credere, pensare, scegliere, amare, leggere o fare ci porterà fuori strada.

Da bravo gesuita, Schiavone concepisce il libro come un ampio commento agli Esercizi spirituali di Ignazio di Loyola… ma il suo non è bieco campanilismo, è un puro dato di fatto, perché in Occidente nessuno prima di Ignazio aveva mai articolato in modo così lucido il processo di discernimento.
Il risultato? Come dice un proverbio (i proverbi a volte contengono interessanti dosi di discernimento): il meglio è nemico del bene. In poche parole, l’autore ha deciso di strafare, e ha guastato tutto. Nelle 600 – seicento – pagine del volume, le preziosissime, spesso sottilissime indicazioni di Ignazio di Loyola si perdono in un guazzabuglio di citazioni da tutto il citabile: brani dell’Antico e Nuovo Testamento a pioggia, testi dei Padri della Chiesa, teologi medievali, documenti della Chiesa, biografie dei santi, esperienze mistiche, psicologia, sociologia, riti di esorcismo, aneddoti assortiti, consigli spiccioli. A questo punto ci si è giocati qualsiasi utilità dell’opera, che però si proponeva di trattare l’argomento più importante in assoluto. Anzi questo profluvio di distrazioni cozza CONTRO tutte le regole del discernimento.
Ammennocché non lo abbia fatto apposta, nascondendo le perle preziose in mezzo a montagne di materiale superfluo, per mettere alla prova la serietà degli intenti del lettore. Ma il tenore generale del testo (Pietro Schiavone non è Ludovico Ariosto) non autorizza a supporre una finalità del genere, che pur sarebbe stata lodevole.
E allora. Per procurarsi un concentrato di discernimento che sia puro e duro, senza fronzoli, ingannevolmente innocuo e signorilmente sovversivo, si dovrà tornare ad Antonio Rosmini con le sue Massime di perfezione cristiana del 1826-1830. Quindici pagine. Le si trova in appendice alla gradevole biografia di Rosmini pubblicata nel 2007 dal giornalista Maurizio De Paoli.

dhr