Riceviamo da un amico, ahi lui, da tempo in terra straniera, lontano dall’Italia, perso nelle opulenze di una grande città europea. Privo del conforto di moglie, figli, suoceri (conviventi), gatto, cagnolo e pesce rosso: solo, tra le tentazioni di Parigi, tal che ben sa perché disse il poeta: “Tu proverai sì come sa di sale lo pane altrui, e come è duro calle lo scendere e ‘l salir per l’altrui scale”.

A parte le scale (abita al rez-de-chaussée o piano terra…) il resto ce lo rammenta e quasi lo vediamo addentare pensoso un tondino croccante di baguette col foigras, come sperso tra un boulevard ed un bistrot mentre le minettes d’intorno sfarfallano mostrandosi, gareggiano con la tarda primavera …
Dimenticavo: volentieri pubblichiamo il suo sapido, poetico invio.

Il vanto del cigno

Il lago Daumesnil, nel parco di Vincennes, è circondato da un sentiero, meta prediletta di podisti corridori più o meno dilettanti, che inanellano giri di ansimante sudore, per lo più apparecchiati con auricolari e Ipod, da cui sfuggono a tratti spruzzi di note a lambire per un attimo l’orecchio del rilassato flaneur, che con passo incurante percorre lento lo stesso cammino. Una bolla racchiude all’istante l’atleta spasimante e il lemme viandante, per un attimo insieme nell’alveo di uno sprazzo di suoni, e subito di nuovo distanti, uno portato via con la sua musica dalla falcata dello sforzo, l’altro ristante nella lentezza del suo silenzio pensoso.

Da questo sentiero principale, si dipartono e si inoltrano fra alberi e aiuole altri sentieri più solitari e tranquilli. Uno di questi conduce ad un ponte, al cui ingresso un cancello proibisce l’accesso nelle ore notturne: traversato il quale, si prosegue in un ansa appartata fra il verde, finché il sentiero non si ricongiunge, attraverso un altro cancello, all’anello principale. In questa enclave ombreggiata e isolata, appresso al sentiero, in una piccola radura fra i cespugli, immobile cova la cigna: un cartello appeso vicino avverte in francese “se ti avvicini è a tuo rischio, chi mi disturba lo becco”. E’ aprile appena iniziato quando passo la prima volta di qui, con S..
Alla fine del mese, a passeggio nel parco insieme a L., la voglio portare a vedere a che punto è la cova: ma il cancello è serrato da un grosso lucchetto, benché sia di giorno, e al solo avvicinarsi alle sbarre da dietro la curva inizia uno strepitìo di rochi stridori, non canto di cigno ma quasi latrati, barriti, furenti disperate ingiunzioni a stare lontani. Immaginiamo che qualcosa è successo, forse le uova si sono dischiuse e la difesa dei nati si è fatta serrata.
Metà maggio, ritorno a passeggio da solo. Porto cibo alle cornacchie, pane secco che accumulo a casa. E’ una gran soddisfazione dar da mangiare alle cornacchie, sono intelligenti e veloci, spesso prendono al volo il boccone, mi girano attorno, mi sembra d’essere uno stregone avvolto in un manto di nere ali. Ma oggi parliamo di cigni, di bianchi natanti non di nere volanti.
In mezzo al laghetto, la coppia adulta attornia quattro grigi sacchetti di piume con becco e zampette. Si muovono in gruppo, i piccini, infilano di continuo il becco nell’acqua, incuranti guidati soltanto dalla voglia di cibo e di nuoto. Gli adulti non li perdono un attimo d’occhio. Sono sempre ai due lati del gruppo, uno di qua, uno di là, li guardano e si guardano attorno. Se uno infila il lungo collo nell’acqua, in cerca di cibo, l’altro a turno sta ritto a controllare, guarda a destra e a sinistra. Due perfette guardie dei corpi, attente a ogni rischio che possa venire dall’acqua o dal cielo.
Li guardo ammirato, e contemplo le loro testoline. Ci starà, in quei cranietti, in cima a quei colli protesi, sì e no un pollice di cervello. Eppure, c’è quanto serve. Sanno procreare, allevare la prole, proteggerla attenti, finché a sua volta non sia in grado di procreare, allevare la prole, proteggerla attenti, finché a sua volta…. Serve altro, di grazia, alla vita? A che pro etti ed etti supplementari di materia grigia, miliardi di neuroni, sinapsi, dendriti, per accumulare ansie e speranze, memorie e frustrazioni, invenzioni e terrori, allo scopo, in fin dei conti, di procreare, allevare la prole, proteggerla attenti (sono attenti, gli umani nel protegger la prole?) finché… Mi direte, che dici? Vuoi mettere un cigno, con le elaborazioni dell’umano, Mosé, Socrate, Buddha, Confucio, Lao tzi, Isaia, Gesù Cristo, Zoroastro, Mani, Maometto, Michelangelo e Mozart, Omero e Tolstoj, Montaigne e Jung, Shakespeare e Pirandello, Nagarjuna e Spinoza, Francesco d’Assisi e Dōgen, Gandhi e Guy Debord, Chopin e Glen Gould, Caravaggio e Mondrian, Paul Simon e i Rolling Stones, Hitchcock e Clint Eastwood, Cassius Clay e Maradona, Charlie Gaul e Usain Bolt (ognuno ci mette i suoi cari) e milioni e milioni di ignoti più o meno eccelsi che hanno illuminato e illuminano la Terra ed il Cielo, che hanno… Che hanno fatto che cosa? Han cercato di dare più senso a qualcosa che il suo senso l’ha già, procreare, allevare la prole… E in cambio di tanta bellezza, bravura, amore, speranza, passione, contraltare ai vertici dell’umano pensare ed agire, gli abissi di Auschwitz e Kolyma, Tamerlano e Cortez, Hitler e Pol pot, gli schiavisti e i mafiosi (abbrevio l’innumere lista discara) e milioni e milioni di più o meno infimi che hanno appestato ed appestano la Terra ed il Cielo, e tolgono ogni parvenza di senso persino all’unica cosa che il suo senso ce l’ha, procreare, allevare la prole… Ne valeva, ne vale la pena? E in cima alla cima, non plus ultra di tutto il pensiero, la rinuncia come istanza suprema, il saper di non sapere, la dotta ingoranza, il pensiero impensato, l’abbandono di sé, la pura presenza presente, e a ogni giorno basta il suo affanno… Il vanto dell’uomo approda alla fine fra le piume impermeate del cigno.
Mentre i piccoli quattro si invegendano in tondo, e un adulto immerge il lungo collo nell’acqua, l’altro si volta di scatto e mi guarda di brutto: sono innocuo o minaccia? Riprendo il cammino fra i saltellanti umani e mi avvio verso casa, cercando un pò di silenzio fra le pieghe dell’encefalo.
Paris, 19 maggio, 2010

Jiso Forzani