Dal blog nel blog: “Ogni giorno è un buon giorno?”, a cura di Marta e Doc

Buongiorno Marta, buongiorno a tutti. Vorrei aprire la pagina di oggi riallacciandomi al discorso della “appartenenza”, nell’accezione usata da un lettore del ‘profondo sud’ (nickname: Homosex) nel commento 21 del post con il video ‘storia delle religioni’.
Lì l’appartenenza è vissuta, mi è parso, come subordinazione ad un modus vivendi formale, fatto di rigide convenzioni non scritte ma altrettanto o forse più vincolanti.

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Riporto il suo intervento:”
“… il vulnus del discorso è proprio il senso di appartenenza.Vivo nel profondo sud italia e l’unico linguaggio religioso in acto è quello cristiano per cui, contro voglia, penso e agisco da cristiano. Dunque sono cristiano?Sì, nella misura in cui appartengo a qui vili e miserabili ‘confratelli’ corresponsabili di molte delle sciagure umane. Persino l’amore, per i cristiani, è una tortura che deve far soffrire, deve far sentire in colpa. Per fortuna i cristiani non sono l’Umanità. Un caro saluto”.
Un grido nel deserto. Mi mette in difficoltà e mi porta a riflettere su quali forme di conformismo acritico la comunità mette in atto per proteggersi; dalla paura del nuovo, del non conosciuto, del diverso. La paura che si trasforma in oppressione. E le ‘tradizioni’, anche o soprattutto quelle ‘religiose’, possono diventarne strumento.
L’immagine del ‘profondo sud’ che scaturisce dal grido di Homosex è particolarmente forte: non è facile immedesimarsi. Ma questo non ci deve trarre in inganno consolatorio. E’ vero che ci sono luoghi e tempi particolarmente oppressivi, ma il meccanismo di base è ubiquitario. Lo possiamo osservare ovunque, anche a casa nostra, nella comunità, nel nostro gruppo di preghiera o di meditazione. Abbiamo sempre la tendenza ad imporre la nostra logica, la nostra proposta, il nostro modo. La nostra ‘morale’. La mancanza di interlocutori aggiunge disagio al disagio: la solitudine aggiunge sofferenza alla sofferenza.
Questo mi pare uno dei tanti talloni d’Achille della scelta ‘laica’ nel cammino religioso: il non esserci un sangha preordinato cui fare riferimento, un ambiente protetto cui abbandonarsi e affidarsi. Continuamente esso va cercato, costruito, disvelato con grande dispendio di energie e di tempo. A volte il senso di isolamento può essere lacerante.

doc