Lun, 25 Dic 2006
Marito e monaco
Di G. Jiso Forzani
(Pubblicato sul supplemento Donna del quotidiano La Repubblica, 9 dicembre 2006).
“Tuo padre, che lavoro fa?”. La domanda curiosa da parte di un compagno di classe (indelicata quando è in bocca a un insegnante), prima o poi se la sentono rivolgere quasi tutti i bambini della scuola primaria. Qualcuno risponde con orgoglio, qualcuno con imbarazzo: c’è chi non lo sa, cosa fa il padre, chi il padre non l’ha più o non l’ha mai avuto, e chi lo va ogni tanto a trovare in luoghi che non vuole nominare.
Lo squinternamento delle società contemporanee, o la loro complessità, se preferiamo, fa sì che una domanda in altri tempi più o meno innocua sia diventata, non di rado, fonte di grave imbarazzo. Fra le varie categorie di bambini disturbati dal quesito, ce n’è una, da noi quantitativamente marginale, che va però poco a poco prendendo consistenza di minoranza sociale: si tratta dei figli di religiosi. Intendo qui, con religioso, non il laico che per sensibilità, scelta e convinzione ispira il proprio comportamento di vita al sentimento religioso, ma il cosiddetto ministro religioso: preti, monaci, sacerdoti, ministri di culto delle varie confessioni religiose.