Ecco l’ottava puntata de L’ovra inconsummabile. Potete trovare qui le altre

(A cura di Cibì)

PARADISO

Canto 13

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Ch’i’ ho veduto tutto il verno prima
Il prun mostrarsi rigido e feroce,
Poscia portar la rosa in su la cima;
E legno vidi già dritto e veloce
Correr lo mar per tutto suo cammino,
Perire al fine all’entrar della foce

Canto 14

… biancheggia tra i poli del mondo
Galassia…

Vedendo in quell’albòr balenar Cristo

[unirei “quell’albòr” a “Galassia”. Nel Canto 33 Dante precederà Spinoza e Leibniz; qui anticipa l’Omega di Teilhard de Chardin]

Canto 15

Ond’io, che son mortal, mi sento in questa
Disuguaglianza…

Canto 16

E cieco toro più avaccio cade
Che ’l cieco agnello; e molte volte taglia
Più e meglio una che le cinque spade

[“più avaccio” = prima]

Canto 17

Tu lascerai ogni cosa diletta

Canto 18

… “Volgiti ed ascolta:
Ché non pur nei miei occhi è paradiso!”

[una volta tanto, Beatrice invita Dante a non trattenere. Però non le succede spesso; cfr. le legittime antipatie di William Blake nei confronti di Bea]

Canto 19

Com’occhio per lo mare, entro s’interna

[la nostra “vista” più avanza, meno vede]

Canto 20

Per farmi chiara la mia corta vista
Data mi fu soave medicina

Canto 21

Prendendo il cibo da qualunque ostello

[un altro po’ di sano monachesimo]

Canto 22

Più s’abbellivan con mutui rai

[donare luce gli uni agli altri]