Ecco la sesta puntata de L’ovra inconsummabile. Potete trovare qui le altre

(A cura di Cibì)

PURGATORIO

Canto 23

Di quella vita mi volse costui

[“quella vita” erano le bisbocce che Dante faceva con l’amico Forese, suo cognato. “Costui” è ovviamente Virgilio. La conversione di Dante fu da un’esistenza, non chissà quanto peccaminosa, ma banale]

Canto 24

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… Ella sen va su forse più tarda
Che non farebbe, per altrui cagione

[l’ombra di Stazio ritarda la beatitudine per accompagnare Dante]

Canto 25

È chiamata ombra; e quindi organa poi

[poco prima era stato descritto il processo di formazione del corpo umano come un evento reale; ora lo stesso processo è ri-descritto come “ombra”. Dall’illusione alla consapevolezza di sognare]

Canto 26

Tempo non è di dire, e non saprei

Canto 27

“Non v’arrestate, ma studiate il passo”

[due ottimi consigli]

Canto 28

Non potea riveder ond’io m’entrassi

[Dante si è ri-perso nella selva! Ma stavolta non è oscura, anche se è la stessa identica di Inferno 1. Vedi ancora Pascoli, nonché le illustrazioni di Alberto Martini per la Divina Commedia]

Canto 29

Tal, che di qua dal rio mi fe’ paura

[Dante aveva paragonato il proprio viaggio a quello di Enea e di san Paolo, vedi Inferno 2, 32. Ma Enea non lo ha degnato di attenzione (Inferno 9, 103) e ora Paolo addirittura lo spaventa. Nota tecnica: qui si segue l’ipotesi esegetica per cui il Messo celeste di Inferno 9 sarebbe Enea, per ragioni molto convincenti]

Canto 30

[Dante di fronte a Beatrice è come il bimbo]

Quando ha paura o quando egli è afflitto

Né…
Valse alle guance…
Che, lacrimando, non tornasser adre
[ = sporche, scure]

[Il velo] Non la lasciasse parer manifesta

[insomma, la tanto attesa “beatrice” è la morte]

Canto 31

… quel cibo
Che, saziando di sé, di sé asseta

Canto 32

Quali a veder dei fioretti del melo

[forse nessuno aveva mai descritto in questo modo la visione della gloria di Gesù/Dio avuta dai discepoli sul monte Tabor]

Canto 33

… che qui si dispiega
Da un principio, e sé da sé lontana

[il fiume della dimenticanza e quello dell’illuminazione sono non uno, non due]