Riceviamo dall’amico dhr una riflessione (?), divertissement (?) a proposito di libri del presente e del passato, sul tema: “Religione non è parlare di religione. O no?”. A mo’ di scusa: non sollecitiamo noi certi interventi.
Anche se ci divertono un bel po’ 🙂 .

Mucchio selvaggio di libri

Che cos’hanno in comune buddismo e cristianesimo? Il monachesimo, dice Tizio. La meditazione, dice Caio. E poi la benevolenza, l’amore per la natura, la pace… Ma forse il più importante tratto condiviso è la “legge del Si-fa-presto-a-dire”. Così come si fa presto a dire buddismo (vedi M.Y. Marassi, Il buddismo mahayana…, vol. 2: la Cina), altrettanto presto si fa a dire cristianesimo. Sembra facile. Ma.

Per dirimere un po’ la questione abbiamo invitato tre esponenti di spicco del cristianesimo, rappresentativi delle principali fasi storiche succedutesi negli ultimi 2.000 anni. Le loro opere, per una felice coincidenza, sono state stampate in questi ultimi mesi dall’editrice Paoline.
Per l’epoca delle origini, ecco un ignoto autore siriano del II secolo, che non si è fatto scrupolo di scrivere una Terza lettera ai Corinzi attribuendola a san Paolo; non c’è due senza tre. Il testo, oggi ignoto ai più, ha avuto un discreto successo editoriale nella Chiesa antica, in particolare in Oriente, rischiando perfino di venire incluso nel Nuovo Testamento.
Come esponente del Medioevo il nostro ospite è Bonaventura da Bagnoregio, con la sua Vita di san Francesco – Legenda maior in cui normalizza una volta per tutte la figura del Poverello di Assisi, e che “spirituali” e altri mezzi eretici facessero la cortesia di tenere per sé le proprie idee.
L’ultimo appartiene al XX secolo, quel controverso Giuseppe Dossetti che tanta parte ha avuto nel dibattito post-conciliare, e che oggi in verità appare un po’ in sordina. Dalle sue Omelie e istruzioni pasquali (1975-1978) emerge un cristianesimo purista, affascinante nella sua forza di concentrazione, che poco concede a eventuali compromessi con altre visioni del mondo.

Ohibò. Un falsario, un politico e un intransigente. Eppure – senza il minimo velo di ironia – tre personaggi di grandissima levatura. Perché si fa presto a dire. Anche nel buddismo (cfr. sempre Marassi, op. cit.) non si contano i falsi Sutra inventati a scopo propagandistico, i rimaneggiamenti utilitaristici del messaggio di Shakyamuni, le posizioni muro contro muro… che non è lo zazen. Ma se tutto questo, anziché essere il brutto delle religioni & Co., fosse il bello?

dhr