L’ombra della sovranità. Da Hobbes a Canetti e ritorno, di Luigi Alfieri* (Treccani 2021. 141 pp., 15€)
La prima ‘cosa’ che mi ha impressionato del libro del prof. Alfieri, che è un amico di chi scrive, è la precisione: in alcune pagine ho avuto l’impressione di leggere un trattato di geometria. I ragionamenti lucidi, precisi che arrivano a una conclusione limpida e univoca, il lessico perfetto, le incidentali senza sbavature. Tutto questo condito da una leggera, pervasiva forma di umorismo, che solo qui e là affiora esplicitamente e si mostra.

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L’altro elemento che ho notato, nello scorrere degli argomenti, è stata l’autorevolezza. Per paragonare e distinguere la visione di pensatori di tale portata, occorre padroneggiare la materia come un pianista la sua tastiera: bisogna ben sapere il senso di ogni cosa che fu detta, per sapere che cosa si sta dicendo. Per nulla facile, vista l’impalpabilità della materia, che passa dalla politica alla sociologia dalla religione all’antropologia, con una fluidità terribile, e senza mai perdere il punto.
Di tanto in tanto, durante la lettura, mi sono chiesto, però: «Con tutto questo lavorio, fatica, applicazione, dove ci sta portando il prof. Alfieri, dove vuole arrivare?». Parte della risposta l’ho trovata nella penultima pagina: “O la politica è religione, anche solo religione civile, o non è”.
Un’altra conclusione, che mi pare dimostrata ed esplicitata lungo il percorso, provo a riassumerla io, a mio modo: “Aridàtece er puzzone!”.
Che, naturalmente, non riguarda (solo) Mussolini (o i Talebani)**, ma ogni sovranità nata nella/dalla “procedura”.
La pretesa di conquistare il potere con la forza e quindi (ed è proprio su questo ‘quindi’ che casca l’asino) conquistare così anche la sovranità, è la cifra dei nuovi e dei vecchi barbari.
Questo libro andrebbe letto non solo per ciò che dice, sapendo che, però, è molto specialistico (il ché non vuol dire automaticamente ‘difficile’), ma anche per il come: è così che si scrive un libro.

*Dalla quarta di copertina: Luigi Alfieri (Siracusa 1951) è professore ordinario di Filosofia politica nell’Università di Urbino Carlo BO, dove insegna anche Antropologia politica e Antropologia del pluralismo religioso. Sì è occupato di Nietzsche, Hegel, Girard, Canetti. Si interessa particolarmente della dimensione simbolica della politica, della costruzione delle identità collettive, della violenza di massa. Tra le sue ultime pubblicazioni: La stanchezza di Marte. Variazioni sul tema della guerra (Morlacchi, 2012) e, in collaborazione con D. Scalzo e altri, Vivere il tempo che uccide (Argalia, 2020).

**”Il potere della sovranità è lo stesso, chiunque ne sia il depositario”, dice Hobbes a p. 50.