Quando ero bambino uno zio mi diceva spesso che “da grande” avrei dovuto fare il prete. La giustificazione che ogni volta portava a sostegno di quel consiglio era sempre la stessa: “È pur sempre meglio che lavorare…”. Mi son tornate alla mente quelle parole quando giorni addietro ho segnalato l’uscita de Fare il prete non è un mestiere. Una vocazione alla prova.

12053

Lasciare la casa, rinunciare ad una famiglia ed a tutte le responsabilità, le sofferenze, le gioie e le complicazioni che questo comporta è difficile. La vita da “soli”, che è più solitaria di quella del semplice single, specialmente attorniati da persone che sono circondate dai loro famigliari, ha dei momenti di sofferenza veramente acuta. Il rischio, sempre incombente per chi ha la responsabilità di una famiglia, di trovarsi a terra, magari senza neppure una casa, è una spina tremenda.
Ecco, da parte di dr, la recensione al libro sul mestiere del prete. Che non è solo un mestiere.

Per recensire queste interviste a sacerdoti di oggi, partirei da un’“intervista che non c’è”: quella a don Cesare, nostro parroco di famiglia su al paese. Quando si va a salutarlo, ti accoglie in una di quelle canoniche ciclopiche rispetto alle esigenze attuali. Ampie stanze dietro ampie stanze, mobili scuri e silenziosi,

autentici quadri barocchi a ogni angolo. Opuscoli buttati in disordine su una scrivania. Don Cesare ti fa accomodare a un’estremità di un divano in cuoio, lui all’estremità opposta; l’arredo più prezioso è quello spazio vuoto al centro. Ha movimenti timidi da piemontese, una luce (auto)ironica negli occhi da poco operati di cataratta. Racconta in dialetto: “Gliel’ho detto al vescovo: il prossimo anno ne compio 80, quando mi mandi in pensione? A quest’età, al massim, pudrìa fè ’l Papa!”.
Don Cesare con la sua età papabile, ma non più parrocchiabile, rappresenta tutt’altro che un’eccezione. Infatti inizia proprio di qui il libro di Laura Badaracchi: “Quella del prete è una vocazione in crisi? Stando ai dati italiani, sembra proprio di sì. E le previsioni non sono rosee”. Così, per rispondere alla domanda “che senso ha fare il prete oggi?”, 250 pagine fitte-fitte ci accompagnano passo dopo passo nella “carriera” di un sacerdote cattolico in questo inizio di XXI secolo: come viene la vocazione, come e per quanti anni ci si forma in seminario, qual è la giornata tipo di un parroco, che cosa provano i “ministri di Dio”, che problemi hanno, che cosa si aspettano dalla vita… Il volume incrocia in modo armonioso dati statistici aggiornati, riflessioni spesso impalpabili ma sempre attente dell’autrice, e soprattutto tante, tante esperienze raccontate in prima persona. Una piccola bibbia sull’argomento.
Con dei gioiellini incastonati qua e là. Come le pagine dedicate alla vocazione che passa dai blog e da YouTube (pagg. 42-46). Per non parlare del capitoletto sull’associazione “Donne contro il silenzio” (pagg. 234-236), che riunisce le donne che hanno una relazione clandestina con un prete. Qui le intervistate distribuiscono all’ingiro qualche sventagliata di mitra. Che è altrettanto salutare di un’amabile conversazione con don Cesare al natio borgo. Leggere per… credere.

Laura Badaracchi, Fare il prete non è un mestiere. Una vocazione alla prova, Edizioni dell’Asino, Roma 2009, pagg. 262, euro 12