Giugno 2010


Riceviamo da un amico e volentieri pubblichiamo una riflessione sulla intempestiva critica dell‘Osservatore Romano a proposito di José Saramago.

Miraggio portoghese

Nella nota polemica, poco evangelica e assai veterotestamentaria (occhio per occhio, invettiva per invettiva), che il quotidiano della Sede Santa riserva alla dipartita di José Saramago, si coglie, fra le righe del bollettino di postuma vittoria del sopravvivente, un curioso lapsus. Scrive l’articolista dell’Osservatore Romano che il defunto premio Nobel “si dichiarava insonne al solo pensiero delle crociate, o dell’inquisizione, dimenticando il ricordo dei gulag, delle ‘purghe’, dei genocidi, dei samizdat culturali e religiosi.”

Ora che il sonno eterno ha placato tutte le insonnie dello scrittore, colpisce che il giornale del Sacro Soglio disinvoltamente abbini e apparenti crociate e genocidi, inquisizione e gulag e samidzat religiosi. Che l’argomentazione critica poggi sul fatto che se Saramago non dormiva bene pensando alle crociate avrebbe dovuto non trovare riposo anche al pensiero delle efferatezze della “Chiesa di fronte” (come la chiamava Sciascia), non depone a favore del rigore logico di chi si è preso la pena di scrivere l’articolo. Ma soprattutto, l’eccesso di vendicativo zelo gioca uno scherzo curioso all’impietoso scrivano: allora è vero, lo sapete anche voi, che crociate e inquisizione sono state infamia ripugnante, come i genocidi, i gulag, le purghe staliniane! Tanta ammissione è una novità storica, che io sappia, da parte dell’organo ufficiale vaticano. L’indomito portoghese, dall’eterno riposo, sorridendo annuisce.

Nudelook

Ringraziamo Tommy (e la raganella) per la foto

Chi va sempre in cerca
dei difetti degli altri
moltiplica i propri vizi
e si allontana dalla libertà.

Dhammapada, 253

Siamo lontani dalla libertà perché ci siamo allontanati dal luogo in cui la libertà dimora […] Cosa accade se, quando si manifesta la tendenza a criticare, semplicemente la osserviamo? Non ci muoviamo, non seguiamo il movimento della mente, restiamo dove siamo più a nostro agio, a casa.
Con metta

Bhikkhu Munindo, Santacittarama
(Ringraziamenti a Chandra per la traduzione)

Sembra facile. Eppure spesso decidiamo chi è saggio e chi no, chi sia mediocre e, perciò, chi eccelle. Il metro che usiamo qui è la nostra zavorra. Sembra facile. Eppure distinguerci e giudicare ci sono comuni al punto da non vederli più. Sembra facile starsene semplicemente a casa.

mym

Dall’amico DHR riceviamo, e volentieri vi proponiamo, la recensione di un libro di un autore cristiano, personaggio religioso e politico del nostro tempo.

Monachesimo extraparlamentare

Herman Melville diceva che, per scrivere un grande libro, occorre un grande argomento. È ciò che avviene nel volume La coscienza del fine, che raccoglie gli Appunti spirituali 1939-1955 di Giuseppe Dossetti,

appena pubblicato dalle Paoline (pagg. 286, euro 21). In sintesi: un grande personaggio affronta grandi temi in un periodo cruciale della propria vita, nonché della società italiana e internazionale.
Gli anni dal ’39 al ’55 sono quelli in cui Dossetti offriva un contributo politico fondamentale per la nascita dell’Italia post-bellica, lavorando alla stesura della Costituzione, poi cooperando / scontrandosi a muso duro con i vertici della Dc, incluso De Gasperi. Dopodiché, in modo progressivo, aumentò in lui l’esigenza di una scelta di vita di tipo monastico, che si sarebbe realizzata in forma definitiva nel 1956 (cioè all’indomani del limite cronologico di questa raccolta).

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