Forse son prevenuto, tuttavia ogni anno trovo che le parole associate alla Pasqua, il “passaggio” secondo il suo senso etimo, mettano poco l’accento sulla morte e molto sulla resurrezione. Si festeggia la seconda e si dimentica (esorcizza?) la prima. Come non fossero indispensabili una all’altra,

come se non fossero la stessa cosa. Il “Buona Pasqua di resurrezione” che circola di solito mi appare allora marketing di bassa lega. Come a voler dire “sì, c’è anche la morte, ma poco poco, poi scompare ed ecco di nuovo la vita”. Se così fosse allora non ci potrebbe essere resurrezione, che non è la vita “di prima”, quella se la prende la morte. Che non dura poco poco, se c’è resurrezione. Se invece dura poco poco: poca resurrezione. Allora, cheffamo? Buona Pasqua di morte? No, ci mancherebbe altro. Ma occorre andare molto cauti nel dire “resurrezione”. Pensiamoci bene, insomma. Non vogliamo morire? E allora niente resurrezione.
Buona Pasqua!
Grazie a dhr per l’immagine nel post: “il santo Sepolcro è il cranio di un dinosauro (Deinonychus)”