La pagina Libronline si è arricchita di un nuovo testo. Breve, intenso, inusuale. Si tratta del racconto redatto da Kosho Uchiyama roshi, già abate di Antaiji negli anni ‘60 e ’70, sulla sua vita da monaco, a Kyoto, sostenuto unicamente dalla questua. Il periodo narrato è quello dei difficili anni immediatamente successivi all’ultima guerra mondiale. Ma il vero senso dello scritto del roshi risiede nel tentativo di comunicare la sua personale comprensione -che è pratica quotidiana- del significato di “retto sostentamento”, uno degli otto rami dell’Ottuplice Sentiero. È strano ma l’argomento “denaro” non viene quasi mai affrontato nei moderni testi buddisti. Si discetta di sottigliezze, ci sono forum e siti web dove si arriva a minuzie incredibili riguardo alla dottrina buddista. Si pubblicano libri su ogni aspetto della pratica e della caccia all’illuminazione. Ma come i singoli interlocutori sbarcano il lunario… è sempre nell’ombra. Eppure l’unico mezzo di cui il Buddha ha dato esempio per vivere è la questua. Quando il racconto di Uchiyama è stato pubblicato sulla rivista della Stella un membro autorevole della medesima mi ha comunicato le sue “perplessità circa la pubblicazione di un testo sulla questua, ora, proprio da noi, in Italia”. Chissà perché. Non sarà che, sotto sotto, non possiamo non dirci (demo)cristiani?